Il vivo Due anni or sono, di questi tempi, è stata la sora Maddalena a raccontarmi i suoi guai. Lei e il marito vignaiuolo ci avevano affittato per l'estate la loro casupola. Casupola che se il sor Andrea vignaiuolo fosse disposto a cedermi, piglierei in cambio del mio villino di Roma. Come un castello costruito da un architetto e da operai nani, sorge, fabbricata di piccole pietre calcari cementate con la semplice terra, su un poggio che si dà l'aria di una cima di montagna; e se da una parte guarda arcigna sulla vigna ardente di sole, dall'altra stende la sua ombra mite fino a raggiungere le ombre di una tremula pioppaia che a loro volta si precipitano giù per la china erbosa e vanno a confondersi con quelle più basse e nascoste della brughiera. Giù è il mare. E intorno al poggio, dal mare al mare, una fantasmagoria di altri poggi verdi, coi laghetti d'oro del grano quasi maturo, i gomiti azzurri dei fiumi, le mille migliaia di fiammelle delle ginestre in fiore. I giovanetti pioppi scherzano fra di loro, e giù sull'erba è un barbaglio di ombre e di luci che pare destato dal soffio del mare. Ma che ne sa, la sora Maddalena, di questi incantesimi? Lacera e sporca e coi capelli pieni di ragnatele, ella conta i parecchi denari che io le ho dato, tanto per la sua casupola quanto per gl'incantesimi intorno; e dopo averli stretti bene in un fazzolettino se li caccia nel seno dalla parte del cuore. Così è, - disse sollevandosi sulla sua gobba, - il denaro è mio, la casa e la vigna e la pioppaia sono mie; eppure Andreino non è contento. Non che mi maltratti, ché allora si troverebbe il modo di fargli ritrovare la strada donde è venuto, ma non è contento no, non è contento. E scuoteva la testa in su in giù, di qua di là, come dando ragione una volta a sé stessa un'altra al suo Andreino. Riprese: La sua idea è di andarsene in città. Là, dice, si aprirebbe una rivendita di vino. Si comincia col vendere il nostro a tre lire il litro, invece di darlo via per pochi centesimi, come adesso si fa; poi si compra altro vino appunto per pochi centesimi e lo si rivende caro: in breve si è ricchi sfondati. E va bene, dico io, non sono di parere contrario: ma qui chi si lascia? Lui non risponde, ma si fa scuro e storto in viso e va via sacramentando: perché la sua idea è di lasciare qui la moglie gobba, che non attirerebbe certo la gente nell'osteria, e di andarsene lui solo laggiù. Laggiù, - ella aggiunse stendendo la mano a indicare la strada che conduce alla città sconosciuta, - egli trova quante donne belle vuole, per metterle a vendere nell'osteria. E così si mangiano e si godono assieme la mia roba, mentre a me, qui, lavora e lavora, la gobba cresce allegramente. Ella diceva queste cose senza agitarsi, anzi con un lieve accento d'ironia verso sé stessa: ma i suoi occhi piccoli rotondi e duri come due nocciuole erano pieni di lagrime. Io volevo dirle per consolarla che il destino suo era quello di tutte le ricche donne brutte che sposano i bei giovanotti poveri: manco a farlo apposta però in quel momento emersero su dalla pioppaia la testa pelata e il naso a zucca del piccolo sor Andrea. Solo gli occhi del piccolo sor Andrea erano belli: grandi, glauchi, attoniti, ad ogni parola ch'egli pronunziava od ascoltava si animavano ed esprimevano i variabili sentimenti del suo cuore sensibile. Egli voleva bene alla moglie, a modo suo, e a sua volta mi confidò che solo gli dispiaceva di non aver figli da lei, nascessero pure gobbi. È una gran brava donna, silenziosa e tranquilla. Vede come tiene la casa in ordine? Ha mai veduto, signora, una casa più in ordine e più pulita di questa? È vero, sor Andrea, la casettina è un modello di rifugio per gente che arriva dalla città ancora sotto l'incubo della lucidatura dei pavimenti, della pulizia dei tappeti e della baraonda degli oggetti inutili che risucchiano la nostra vita dandosi anche l'aria di essere necessari. Specialmente le tre stanze in fila affittate a noi, che aperti gli usci ne formano una sola e tutte s'affacciano sulla ridente pioppaia, hanno pur esse qualche cosa di fantastico. Non c'è nulla e c'è tutto: e qui ci si parla da camera a camera come da cuore a cuore, e basta stendere la mano, senza muoversi e senza staccare gli occhi dal materno viso della natura, per trovare quello che pur materialmente ci è necessario per vivere. Come la fata trasformata in gobbina per provare il cuore della gente, la sora Maddalena passa ogni tanto in queste stanzette e rimette a posto le cose che le nostre abitudini di disordine scompongono: ed è lei a renderci dolce il ritorno dalle escursioni col farci miracolosamente ritrovare la tavola apparecchiata e il cibo pronto. Peccato che la sua tristezza, sebbene sepolta, guasti l'aria intorno. Un altro suo difetto era la ripugnanza per le cose superflue. Un giorno che portai a casa un mazzo di ginestre, invano le domandai un vaso dove metterle. Anzi s'irritò. I fiori bisogna lasciarli stare sulla pianta. Non si vedono dalla finestra? Staccati servono solo per i morti. «La mia povera moglie è morta - scrisse il sor Andrea lo scorso anno, quando si trattò di rinnovare l'affitto della casetta. - È morta il giorno di Pasqua, dopo che tutto l'inverno è stata a letto malata. Per fortuna è venuta ad assisterla una sua nipote, ch'era al servizio in città, e questa ragazza, educata e pratica, se lei crede, signora, potrà servirla. Sa anche leggere e scrivere». Questo lo credo, perché la lettera non è scritta coi soliti caratteri primordiali del sor Andrea; la notizia però non ci commuove; perché in quanto a leggere e scrivere è meglio non pensarci, lassù. Ci si dovette pensare, invece, appena tornati lassù, perché la nuova padrona non faceva altro che leggere e scrivere. Da un mese ho sposato la nipote della povera Maddalena - ci annunziò il sor Andrea venuto giù alla stazione per incontrarci. - Che si poteva fare? Senza una donna in casa non si sta. Eppoi è una gran brava ragazza, bella anche, e sembra una signorina di città. Vedrà, signora, le piacerà. Come si chiama? Anche questo c'è di buono. Si chiama Maddalena; così non capita di sbagliare nome, se la chiamo ricordandomi la prima. Perché, diventerebbe gelosa? - domando io con cattiveria. Ma il sor Andrea è proprio un buon uomo, e passandosi la mano sulla testa, come fanno le persone preoccupate, risponde pensieroso: Non è questo, non c'è pericolo; però tante volte capita che occorre una cosa e allora, ricordando che la povera Maddalena era sollecita, la si chiama come fosse ancora lì. Ma si capisce, questa qui è tanto giovane ancora. Questa sora Maddalena seconda ci apparve, come una fata anche lei, al limite della pioppaia; una fata autentica, questa volta, vestita d'azzurro, bionda e rosea, incoronata di pettini e pettinini di celluloide. Non le mancava neppure la collana, dello stesso genere, e le gambe dritte parevano nude per il colore delle calze dei merciai ambulanti. Teneva in mano un mazzo di fiori, fatto con arte, con lo sfondo di felci e il giallo della ginestra mescolato al cremisi della digitale porpurea; e me l'offrì piegando alquanto il ginocchio destro: così avevo veduto una signorina dell'aristocrazia offrire un mazzo di fiori a una principessa di sangue reale. Mi fece buona impressione, non tanto per i fiori e l'inchino quanto per la speranza ch'ella sapesse anche stirare i vestiti come le cameriere fini: speranza che cadde senza più rialzarsi quando si entrò nella casetta. Disordine, polvere, sporcizia, fiori appassiti e dispense sgualcite di romanzi popolari, nonché foglietti della Canzonetta d'amore si facevano bella compagnia. E neppure una goccia d'acqua per lavarci, e il fuoco spento come nelle case di nessuno. Maddalena? Maddalena? Maddalena si provava davanti allo specchio inclinabile del cassettone il cappellino ch'io m'ero levata; ed anzi trovò un altro specchietto per guardarsi di profilo e di dietro. Sor Andrea, - dissi allora al vignaiuolo rimasto di fuori, - per piacere non ha un po' d'acqua per lavarci le mani? Maddalena? Maddalena? Anche lui chiamava, ma era come se davvero chiamasse l'altra: e dalla pioppaia rispondeva il fringuello lieto e melanconico assieme. Così si tirò avanti alla meglio, industriandoci da noi. Del resto il povero sor Andrea si faceva a pezzi per aiutarmi, visto e provato che rivolgersi alla giovine sposa era come supplicare una santa sull'altare. Bella e buona e sempre adorna come una santa di terracotta, Maddalena rispondeva invariabilmente: - Vengo, faccio, sì - ma non si muoveva dallo specchio o dalla tavola di cucina dove scriveva indirizzi su cartoline illustrate. Poi a volte spariva, e la si vedeva tornare dal fitto della pioppaia con gli occhi stralunati e in mano un fascicolo arrotolato del grande romanzo La principessa cieca. Il sor Andrea era già stato a fare la spesa, aveva messo a cuocere la verdura e preparava il vino per la tavola. Lei si degnava di rifinire le faccende, ma con aria stanca e nauseata. Doveva essere figlia bastarda di qualche grande signore. Il marito non la sgridava mai: era triste però, come la prima sora Maddalena. Un giorno si tornò a confidare con me. Che vuole? Il torto è mio, di averla voluta sposare. È un uccellino di città, non di bosco, lei. E il suo desiderio è di tornare laggiù; - anche lui con la mano indicava la strada che conduce alle grandi città; - e credo mi abbia sposato solo perché le ho promesso che s'avrebbe ad aprire una rivendita di vino a Roma. Ma non ce la conduco, no. No, e no - affermò infine a sé stesso, con due energiche scosse del capo. Eppure ce la dovette condurre; in novembre, quando i pioppi cessano di ridere e di scherzare e le foglie stanche di gioia si ammalano e muoiono. Anche lei tossiva, aveva sempre freddo e ricordava la pelliccia leggera e calda ch'ella si provava a insaputa della sua ultima padrona. Il sor Andrea la portò da uno specialista, che gli consigliò di ricondurla su, dove c'è l'aria buona; ed egli pazientemente se la ricondusse a casa, finché un giorno di marzo la riportò ancora giù, accanto alla prima sora Maddalena, nel piccolo cimitero dove si sentiva già l'odore delle giunchiglie. Siamo tornati ancora nella casetta. Il sor Andrea è venuto come sempre alla stazione e carica il bagaglio sul suo calesse. Sta bene, il sor Andrea; s'è ingrassato e ringiovanito, e i suoi occhi mi ricordano la pioppaia mutevole ridente. Vedrà come starà bene, quest'anno, signora. Vedrà, non dico altro. Tutto infatti è ordinato e pulito, come il primo anno: e c'è un mazzo di fiori in mezzo alla tavola. Le brocche sono piene d'acqua fresca, il fuoco acceso. Comanda, signora? È il sor Andrea che per ridere s'è messo il grembiulino bianco ricamato, ricordo della sua seconda moglie.