Grazia DeleddaI giuochi della vitaIl fermaglioFrancesco lavorava sotto il portico quando Speranza, soprannominata Disperazione, giunse con una notizia interessante. - Ho visto la tua innamorata. Ma il giovanetto, quasi sepolto in un mucchio di saggina, continu˜ a cucire la scopa che teneva fra le mani, e non rispose neppure. Un silenzio intenso, il silenzio dei meriggi ardenti delle basse del Po, avvolgeva la casa dei ricchi Magrini, emergente da un campo di granone maturo. Delle venti persone che l'abitavano, restavano in casa, a quell'ora, la vecchia nonna paralitica, cieca e sorda, Francesco il famiglio, e Disperazione rientrata in quel momento da una delle sue solite scorribande.Una fame feroce rendeva la bambina simile a un gatto affamato; senza quindi impressionarsi per il silenzio di Francesco ella si slanci˜ nella grande cucina deserta e cominci˜ a frugare.- Niente; niente; si sa, non mi lasciano mai niente, quei brutti! - ella grid˜; ma dovette poi trovare qualche cosa, perchŽ dopo un momento Francesco non ud“ pi il rumore dei cassetti aperti e dell'armadio sbattuto. Silenzio. Solo in lontananza, al di lˆ della siepe che chiudeva lo sfondo luminoso del campo, una gallina faraona sgranava il suo canto chiacchierino.Francesco cuciva, cuciva intrecciando uno spago verde con uno spago rosso. Il colore terreo del suo viso e dei suoi capelli rugginosi si confondeva col colore delle saggine. Egli sognava, cos“, nel silenzio dell'ora: rivedeva una barca attraversare l'acqua lucente del fiume; e nella barca una donnina dai capelli neri, dal viso bianco e la bocca rossa, che andava via, lontano, lontano. Ella, per˜, doveva tornare. Ella, per˜, non era tornata pi...Nella camera attigua risuon˜ una tosse rauca e stentata come quella d'un cagnolino raffreddato: era la vecchia nonna che si svegliava.- Eh, Speranza?Nessuna risposta.- Speranza, ti vuole la nonna - grid˜ Francesco.Nessuna risposta.- Speranza? Disperazione? Ahi, ahi, ahi, Dio te stramalediss... Mi lasciate sola come un cane.- Disperazione? - url˜ Francesco. - Se non vieni fuori, vengo e ti tiro pei capelli.Allora la faccina bruna, dagli occhi pi grandi della bocca, apparve sull'uscio della cucina; tutta la fisionomia della bimba esprimeva una sazietˆ strana, una specie di nausea.- Hai mangiato il burro, scommetto - disse Francesco, minaccioso.- Tu sei un servo - lo insult˜ la ragazzina. - Sta zitto.- E tu cosa sei? Raccolta per caritˆ, sei. Prova un po' se sei buona! - grid˜ Francesco, vedendo la piccina animarsi, selvaggia, pronta a gettarglisi addosso e graffiarlo. Anch'egli lasci˜ scivolare la scopa fra le gambe aperte, e si mise in posizione di difesa e, occorrendo, di offesa. Ma la lotta non ebbe luogo perchŽ la nonna chiam˜ ancora, lamentandosi e maledicendo. Disperazione s'intener“, scivol˜ lungo la parete, fra i mucchi di scope bionde che ingombravano il portico, ed entr˜ nella camera. Francesco riprese il suo lavoro, e siccome la bambina, un po' dispettosa, un po' carezzevole, parlava a voce alta, per farsi udire dalla vecchia, egli sent“ il suo discorso.- Sono stata sull'argine, per vedere i figli di Stefanini che si bagnavano. Uh come sono magri! Uno quasi andato a fondo. Ecco che, poi, passa un carrettino. Sapete chi c'era nel carrettino?- Che hai in mano, viscere belle? - interruppe la nonna. - Che odore di tabacco!- S“, tabacco; prendetene, - offr“ la bimba con serietˆ.- Chi te lo ha dato?Disperazione, non sapendo forse o non volendo spiegare la provenienza del tabacco, riprese il racconto del carrettino.- Andava pianino, pianino; c'era dentro una borsa, simile a quella del prevosto. Sfido, veniva da Milano.- Come sai che veniva da Milano?- Eh, c'era Eva, l'innamorata di Francesco, con un bel vestito rosso e la catena col ventaglio rosso... un ventaglio grande, grande, rosso come il fuoco... é grassa ora, Eva...Francesco non ud“ quello che disse la nonna; non ud“ pi nulla. Una vampa rossa, come il riflesso del ventaglio descritto da Speranza, gli sfior˜ il viso, gli bruci˜ gli occhi. La scopa con gli spaghi rossi e verdi scivol˜ di nuovo fra le gambe sottili del giovinetto, e per lunghi minuti egli non la riprese.Eva era tornata! Era tornata su un carrettino, vestita di rosso, Çcon un ventaglio rosso, grande, grande, con la catenaÈ. Era partita in barca, con un vestitino giallognolo, scolorito, pallida, magrina, bianca bianca, - Francesco lo ricordava come fosse ieri, - e tornava vestita di rosso, col ventaglio, grassa, certo anche rossa in viso. Ah, svergognata! PerchŽ tornava? S“, egli lo sapeva. Ella ora viveva con un farmacista; s'era stancata di cucire trapunte dai Fratelli Bocconi e aveva cambiato il vestitino giallognolo col vestito rosso...Uno dei padroni di Francesco, che andava spesso a Milano, l'aveva vista anche a teatro, eppoi anche al gioco del pallone; una volta con un uomo, la seconda volta con un altro.Ella si divertiva, ingrassava, aveva dei ventagli con la catena...Quasi senza accorgersene, Francesco balz˜ in piedi, a pugni stretti: i suoi piccoli occhi verdi, incassati tra la fronte enorme e gli zigomi sporgenti, brillavano di lagrime e di collera.Ma subito egli parve ripiombare nella sua solita rassegnazione di malato. Sedette, sprofondandosi nuovamente fra le saggine rossastre, ma non potŽ riprendere il lavoro. Il suo cuore malato batteva, batteva, e ad ogni respiro egli sentiva una puntura: gli pareva che dentro il suo petto si fosse svegliato un serpentello che pungeva e mordeva il povero cuore vicino al quale stava annidato.Speranza riapparve, con una scodella rossa appesa all'indice della mano destra nascosta dietro la schiena, e pass˜ silenziosamente, con la sua andatura di gattino, avviandosi verso la cantina.- Speranza - chiam˜ Francesco. Ma la ragazzetta non rispose, ed egli giudic˜ prudente aspettare, per non irritarla.Attese qualche minuto. Speranza riapparve, con la scodella piena di vino, e cerc˜ di passare inosservata, volgendo le spalle a Francesco; egli si accorse benissimo della manovra, ma tacque ancora.Di nuovo silenzio. Poi Francesco sent“ che la vecchia nonna beveva il vino con un brontol“o di piacere, e che Speranza frugava cautamente per la camera.- Speranza? - chiam˜.Al solito, nessuna risposta. Egli aspett˜ ancora un po', assalito improvvisamente da un tremito nervoso.- Voglio... voglio sapere... - disse fra sŽ alzandosi. S'avvicin˜ all'uscio e vide Speranza arrampicata, quasi sospesa sulla spalliera di una seggiola, davanti ad una piccola acquasantiera. La nonna, col gran viso roseo venato di rosso e di violetto, sonnecchiava nel suo lettuccio un po' puzzolente: un disordine indescrivibile regnava nella camera; i cassetti del canterano erano tutti aperti.Dall'uscio Francesco vide il suo viso riflesso nello specchio posto sopra il canterano, e prov˜ una grande tristezza. Ah, com'egli era diventato brutto! Eva, vedendolo, non l'avrebbe riconosciuto neppure. Quasi senza accorgersene egli s'avanz˜ nella camera, e and˜ a guardarsi nello specchio, sporgendosi sul cassetto aperto.Speranza trem˜, spaventata, e vol˜ gi dalla sedia: una farfalla non lo avrebbe fatto pi lievemente e pi silenziosamente. Ma subito, vedendo Francesco intento a guardarsi, si rassicur˜ e si mise dietro il giovine.Lo specchio alquanto inclinato rifletteva le due figurine cos“ diverse: Francesco magro, terreo, coi capelli di saggina rossa e gli occhietti di vetro verdolino, le guancie infossate e la bocca ancora piccola e infantile, illividita dal male: Disperazione, bruna, simile a un gattino nero dal musino bianco, coi grandi occhi languidi e i capelli rasi, neri e lucidi.- Cosa fai? - ella disse, vedendo che l'altro s'indugiava. - PerchŽ piangi?Francesco allora si accorse che piangeva, e scosse la testa: una lagrima gli sfior˜ il mento contratto e and˜ a cadere su uno degli innumerevoli oggetti che ingombravano il cassetto. Egli guard˜, e vide la sua lagrima sopra un fermaglio d'oro, composto da un serpentello attortigliato, che mordeva un piccolo rubino, come il serpentello che egli aveva dentro il petto mordeva il suo cuore.Otto giorni dopo. Stessa ora, stessa scena. Lo stesso silenzio intorno alla casa, i cui abitatori, servi, padroni e padrone, - tranne Speranza, la vecchia cieca, e Francesco, - erano un po' sparsi, chi pei campi, chi per le case vicine, e chi in viaggio con mercanzie.I Magrini erano assai benestanti, e lavoravano anche; due erano mercanti, uno viaggiava per negoziare grani, saggina, scope; ma tutti, uomini e donne, compresa la nonna, tutti bevevano, rubavano in casa, si rovinavano allegramente e reciprocamente. Gente di buon cuore, ma violenti e incoscienti, i Magrini beneficavano tutti e litigavano con tutti.Tenevano in casa Disperazione, una povera orfana loro parente, ma le permettevano di menare una vita quasi selvaggia e la bastonavano regolarmente ogni volta che uno di loro se la trovava vicina.Anche Francesco era un po' loro parente e lo tenevano pi per caritˆ che per altro, poichŽ il male cardiaco che lo minava, specialmente dopo l'abbandono di Eva, non gli permetteva di attendere a lavori faticosi. Oramai egli era debole come una donnicciuola; e come una donna non era buono che a cucire scope, ad attinger acqua ed a guardare la casa. Qualche volta egli accudiva ai lavori domestici, quando le donne, in assenza degli uomini, fuggivano qua e lˆ a chiacchierare con le vicine.La gallina faraona, - la stessa dell'altro giorno, - cantava dietro la siepe; Speranza frugava disperatamente per la casa, cercando da mangiare, e la nonna chiamava invano.Francesco, pi terreo e brutto che mai, cuciva incrociando gli spaghi rossi e verdi, ma ogni tanto s'incantava, ricordando e aspettando. Un cupo ardore gli brillava negli occhi. Egli aveva riveduto Eva, o meglio aveva veduto una donna che un tempo si chiamava Eva, quando era sottile e gentile e tutta bianca nel vestitino chiaro impallidito dall'uso. Ora tutto era mutato in lei: persino l'accento. Il suo sguardo e il sorriso allora tremuli e dolci come l'acqua del fiume increspata dal vento del mattino, ora destavano un sentimento strano nella persona a cui venivano rivolti. Francesco, ricevendo quello sguardo e quel sorriso, aveva sentito una fiamma corrergli nel sangue; gli occhi gli si erano velati; qualcuno lo aveva spinto furiosamente per le spalle, gettandolo vicino ad Eva, con le braccia aperte, tremanti dal desiderio di abbracciare, stringere, soffocare il bellissimo corpo di quella donna vestita di rosso. Ella lo aveva respinto, senza per˜ offendersi, senza cessar di sorridere, senza chinare gli occhi luminosi.Quella notte Francesco sogn˜ di trovarsi in riva al Po: l'acqua era tutta d'un rosso violento, e grandi barche nere, cariche di legno tarlato, scendevano lentamente il fiume. Francesco aspettava, seduto entro una vecchia barca quasi incastrata nella sabbia. Quella barca apparteneva, od era appartenuta ad un vecchio portiner [12], che circa tre mesi prima era scomparso; nessuno l'aveva pi veduto; non si sapeva se era morto o vivo, ed intanto nessuno, poichŽ egli non aveva parenti, osava toccare la barca che la sabbia lentamente inghiottiva. Su quella barca era partita Eva; e spesso Francesco andava a sedersi lˆ dentro, sull'asse che corrodevasi, e stava ore ed ore a contemplare l'acqua corrente.Nel suo sogno aspettava dunque, aspettava quella donna vestita di rosso, che gli aveva promesso di venire: il desiderio acuto di vederla, la paura ch'ella non venisse, e un'angoscia indefinita, misteriosa, gli facevano battere e dolorare il cuore.Le barche nere scendono sempre, sull'acqua tutta sanguigna: un caldo intenso, afoso, mozza il respiro di Francesco. Ed ecco che il passaggio d'una persona agita i cespugli biancastri della riva; qualcuno corre fra i salici ed i pioppi nascenti, e il frusc“o delle foglie susurra come un soffio di vento nel silenzio afoso e luminoso. Chi ? é lei? Qualcuno appare... ma non lei; Disperazione, scalza, con un enorme cappello di paglia dalle falde rovesciate: il suo viso, il collo e parte del petto sono nascosti; si scorgono solo le gambe rosse dal caldo, graffiate dai cespugli, e la vita stretta da una cintura elastica che Francesco ha giˆ veduto ad Eva. Sulla cintura brilla il fermaglio d'oro, col rubino, sul quale caduta la lagrima del giovinetto. Un'irritazione furiosa invade Francesco; che viene a fare la monella, laggi? A spiare? Aspetta, per˜! Egli s'alza, balza sulla sabbia, corre dietro il cappellone: il cappellone fugge, sparisce e ricomparisce e pare che saltelli fra i cespugli. Francesco corre, ma ad un tratto i suoi piedi affondano nella sabbia ed egli non pu˜ pi muoversi. La sabbia lo inghiotte lentamente, gli copre i piedi, le gambe, la vita, il petto... Allora egli, pazzo di terrore, grida, chiamando Disperazione.Uno dei suoi padroni lo sent“ gridare e lo chiam˜. Egli si svegli˜, e svegliandosi gli parve di vedere vicino a sŽ la ragazzetta col cappellone e col fermaglio; ma sotto le falde rovesciate c'era, invece della testa di Speranza, il viso, gli occhi provocanti, il sorriso voluttuoso di Eva.Il cuore gli battŽ tutta la notte, e fu durante quelle ore d'insonnia ch'egli immagin˜ di offrire un dono alla fanciulla, poichŽ ella aveva detto a parecchie ragazze, che il suo innamorato di Milano le aveva regalato tante cose belle.- Io ti far˜ un regalo, - egli le disse appena la rivide, - ti dar˜ una cosa pi bella e pi preziosa di tutte le cianfrusaglie che ti ha dato l'altro... Un oggetto d'oro... Tu non credi! - egli esclam˜ vedendola sorridere. - Tu credi che io non possa avere un oggetto d'oro? é l'unica cosa che ho; era di mia madre.Eva sorrise ancora: non gli chiese perchŽ non gliene aveva parlato prima, perchŽ non glielo aveva regalato prima, quell'oggetto d'oro: a che avrebbe servito questa domanda? Il passato era tanto lontano! Ella guard˜ Francesco, e vedendolo cos“ giallo, cos“ magro, col viso osseo che giˆ sembrava il viso d'uno scheletro pens˜:- Fra poco egli morrˆ; meglio che l'anello (ella s'immaginava fosse un anello) lo dia a me. Tanto, a chi lo lascia?E gli sorrise, ed egli, ancora, spinto da una forza irresistibile, apr“ le braccia per stringere quella che non era pi la sua piccola Eva timida; ma ella lo respinse, senza offendersi, senza cessare di sorridere.- Regalami dunque quell'oggetto - gli disse. - Dammelo prima che riparta. Poi...- Dove? Qui?- No: ti dir˜ io dove. Verr˜ dai Magrini, domani, e se ti vedr˜, ti dir˜ dove potremo vederci.Ora egli aspettava, nel portico ingombro di saggina. Provava la stessa inquietudine soffocante che aveva provato in sogno, quando gli era parso di attendere Eva seduto sull'asse della barca abbandonata. Sarebbe venuta? Dove gli avrebbe detto di andare? Dove? Il posto del convegno lo preoccupava stranamente; egli cercava di pensare soltanto a ci˜, forse anche per sfuggire al pensiero di ci˜ che doveva avvenire, perchŽ questo pensiero gli straziava il cuore. Eppure, tutta la sua vita, ormai, tutto il po' di vita che gli restava, era concentrato nel desiderio angoscioso dell'attimo di piacere promesso dal sorriso di Eva. Egli non s'illudeva molto; sentiva, sapeva ch'ella non gli avrebbe promesso niente senza la speranza del regalo; ella si sarebbe venduta a lui, come a qualsiasi altro; ma appunto questa certezza lo faceva morire di dolore.Quando per˜ la vide arrivare, nel silenzio del meriggio, col viso ardente come una rosa rossa, Francesco ebbe quasi vergogna delle sue speranze. Non era possibile. Ella sembrava una signora, con l'ombrellino rosso, con la collana di perle gialle e le sottane guarnite di merletto.Egli lasci˜ cadere la scopa, vergognandosi che Eva lo avesse trovato a cucire l'umile arnese, e si alz˜ piano piano.Ella si ferm˜ sulla porta, sbattŽ uno dopo l'altro i piedi per toglier la polvere dalle scarpette gialle, poi chiuse l'ombrellino.- Non c' nessuno, qui?Francesco, pallidissimo, ebbe paura che ella gli dicesse a voce alta in qual posto dovevano vedersi, e accenn˜ alla camera della vecchia, dove Speranza era poco prima entrata con la scodella piena di vino.- Vieni stasera, verso le nove, sull'argine, sopra la fuga [13] - disse Eva a bassa voce: poi entr˜ nella camera, e chiacchier˜ con la vecchia nonna, che profitt˜ della visita per pregare "viscere belle" di portare altre due scodelle di vino.La fanciulla e la vecchia rimasero sole nella camera; Francesco, appoggiato alla porta, sentiva il suo cuore battere dolorosamente.La notte calava, scura e dolce come un velluto. L'acqua spegnevasi, diventava incolore sotto il cielo incolore. Dai boschi cedui, dalle macchie della riva, aggrovigliate, simili a nuvole ferme sull'ultima linea ancora argentea dell'orizzonte, saliva un profumo caldo e snervante. Tintinnii di sonagli sull'argine, e il fragore lontano d'un molino interrompevano il silenzio profondo della riva.Disperazione attravers˜ l'argine, scivol˜ per la china fresca d'erba umida e and˜ a ficcarsi in una macchia di salici; lˆ, curva, piegata in due, cominci˜ a frugare e a scavare tra la sabbia, seppellendovi accuratamente cinque uova pi grosse del suo pugno. Ella contava di riprenderle il venerd“ seguente e portarle alla fiera di Viadana. Cinque e tre che ce n'erano giˆ, facevano otto; otto uova, sei palanche [14]: sei palanche rappresentavano prima di tutto un africano, da leccarsi prima e poi da mangiarsi a pezzettini, a pezzettini piccolini come l'unghia del mignolo, oppure tutto in un boccone; poi due soldi di tabacco da naso, e due soldi di riserva. Disperazione faceva sempre un grande uso di tabacco: il perchŽ di questa passione nessuno avrebbe saputo spiegarlo, tanto pi che il piacere non consisteva, per lei, nell'odore del tabacco, ma nello starnuto. Quando starnutiva, ci˜ che oramai, per il troppo uso del tabacco, le avveniva di rado, ella provava una gioia profonda: le pareva di fare un'azione meravigliosa, e saltava, s'inchinava, si contorceva, superba e felice.Seppellite le cinque uova accanto alle altre tre, ella si sollev˜ e stette un momento in ascolto: le era parso di udire i sonagli del carrettino dello zio, - sonagli di cui ella riconosceva lo speciale tintinn“o, - e pensava, senza troppo spavento, alle busse inevitabili che avrebbe prese nel rientrare a casa. Ma non importava: la bastonassero pure, la costringessero pure a pascolar le vacche nei giorni di festa, quando tutte le altre bambine andavano a spasso; ella si consolava con le sue otto uova, coi soldi presi dall'acquasantiera, ove la zia Marietta nascondeva i suoi risparmi, col suo tabacco e con la speranza di diventar grande.- Allora avr˜ i capelli lunghi, le mani grandi, le braccia lunghe cos“, cos“, cos“... - le allargava il pi che poteva. - Allora anche io... schiaffi di qua e di lˆ, quanti ne vogliono. Eppoi far˜ io la polenta, far˜ io le tagliatelle e... manger˜ tutto io. Eppoi me ne andr˜ anch'io a Milano, come l'Eva, e comprer˜ tanto tabacco, e ventagli e altro.Questi sogni la esaltavano, specialmente dopo il ritorno d'Eva con le sue catenelle, i ventagli, le scarpette.I sonagli tacquero: per un momento risuon˜ solo lo scroscio del molino, e Speranza tir˜ fuori l'involtino del tabacco... Ma mentre lo spiegava cautamente, aprendo giˆ le narici, ud“ le voci di Francesco e di Eva, e intravide i due giovani che passavano dietro le macchie. Dove andavano, assieme, a quell'ora? Eva parlava piano, ma con indifferenza:- Domani mattina parto: vado fino a Casalmaggiore sul carrettino di Anacreonte Taverna... Ti mander˜...- Verr˜ a Milano, anch'io... verr˜ a trovarti, tesoro... - diceva Francesco. Anch'egli parlava piano, ma la sua voce non era la sua voce solita: Speranza non avrebbe saputo dire perchŽ, ma sentiva che quella voce non era la solita voce del giovinetto.E poi perchŽ egli chiamava Eva "tesoro"? Chissˆ, forse come la nonna chiamava lei "viscere belle" quando voleva la scodella piena di vino.- ... Ti mander˜ una cartolina illustrata, caro - Eva proseguiva.Una cartolina illustrata? Benissimo. Eva non aveva finito di dirlo, che Speranza pensava al modo di poter prendere la cartolina dalla tasca della giacca di Francesco...Piacevano tanto, a Speranza, le cartoline dove c'erano i gattini che leccavano i piatti, o una casetta fra due alberi, o una donna tutta ricciuta, con una collana intorno al collo nudo, o un bambino che faceva... basta, non si pu˜ dire cosa faceva.Ma dove andavano quei due, cos“, al buio? Immobile, nascosta dalle fronde del salice nano, Speranza attese che Francesco ed Eva fossero lontani; e quando il passo cauto e le voci sommesse dei due giovani tacquero, e le loro figure svanirono nello sfondo incolore della riva deserta, tra le nuvole delle macchie, ella apr“ l'involtino e vi immerse il pollice e l'indice della mano destra.Quella notte Francesco rientr˜ a casa che pareva un cadavere: non mangi˜ e non potŽ coricarsi, perchŽ la palpitazione del cuore lo soffocava. Tutto il resto della notte stette raggomitolato, ansante, gemente.- Io muoio... io muoio... - diceva ogni tanto a sŽ stesso.- E muori una buona volta! - grid˜ il padrone giovane, il mercante, che i gemiti di Francesco ogni tanto svegliavano.Qualche giorno dopo si scoperse che il fermaglio d'oro era scomparso dal cassettone della nonna. Fu un subbuglio infernale; i Magrini si accusarono a vicenda d'aver rubato il gioiello, s'insultarono, si accapigliarono. Disperazione ricevette busse da tutte le parti e in tutte le parti; per otto giorni, spaurita, affamata, quasi ferita dalle bastonate dei suoi cari parenti, vag˜ pei campi, pei boschetti della riva, pei viottoli, rubacchiando quel che poteva per sfamarsi. Rientrava a casa di nascosto, quando credeva di non trovar nessuno, e in quelle ore di silenzio ella rivedeva solo qualcuna delle zie, - che si servivano di lei per vendere il frumento, la farina, i legumi rubati in casa, - o la nonna che tossiva come un cagnolino rauco, o Francesco che pareva agonizzante.Che brutta faccia aveva Francesco, dopo la seconda partenza di Eva! Di giorno in giorno egli si sentiva pi male: gli pareva che dentro il suo petto il serpentello ingrossasse, non pi pungendogli ma rosicchiandogli il cuore; divorandoglielo a pezzettini a pezzettini, intorno intorno, lentamente ma incessantemente, come Speranza usava fare con gli africani comprati a Viadana.Un giorno gli sembr˜ che tutto il suo cuore fosse oramai scomparso; al suo posto stava il serpente aggrovigliato, grosso, enorme, che invece di pungere, ora scuoteva la coda frustando le viscere strette intorno al suo volume viscido e duro.Egli soffocava: non poteva pi aprir bocca. L'aria intorno a lui s'era come pietrificata, e gli turava la bocca, gli premeva sulle labbra con una lastra di granito. Tutto, dentro, fuori, intorno a lui, tutto assumeva una parvenza, una pesantezza d'incubo; i padroni che litigavano, e non si occupavano pi di lui come fosse giˆ morto; la nonna che tossiva e chiamava Speranza; Speranza che andava e veniva, cauta e selvaggia, che lo guardava alla sfuggita, come si guarda una bestia malata, e non gli si avvicinava mai, paurosa, cattiva, egoista; gli altri servi che gli lasciavano crudelmente capire il suo stato disperato; tutto, anche l'assistenza svogliata della padrona pi giovane, la moglie del mercante, tutto gli pesava, lo opprimeva, lo soffocava. Quasi sempre, nel sonno affannoso, egli sognava di trovarsi davanti a un muro altissimo che minacciava rovina: voltarsi indietro non poteva, perchŽ un fantasma terribile lo seguiva; e il muro, alto, grigio, screpolato, gli incombeva sul capo. Il fantasma era lei, col ventaglio rosso, con la collana d'ambra e le scarpette gialle. Disperazione attese invano l'arrivo delle cartoline illustrate, indirizzate a Francesco. Ne giunsero allo zio Ottavio, il mercante, con soldati che facevano le boccacce, e con donne molto belle e quasi nude; ne giunse una allo zio Sandrin con un pretone che beveva da un fiasco, e un'altra, molto divertente, con un asino vestito da uomo; poi anche due alla zia, una che a tirare un filo diventava un palloncino, l'altra con una rosa adorna di un nastro azzurro (anzi la zia stacc˜ il francobollo, e lesse ci˜ che v'era scritto sotto), ma a Francesco niente. Come era brutto, Francesco! Sempre pi brutto. Disperazione lo guardava e aveva paura: sopratutto paura di quei piccoli occhi verdi, ferocemente disperati. Una volta ella lo ud“ raccontare a un altro famiglio, d'una promessa e d'una minaccia che egli ed Eva s'erano scambiati ai bei tempi del loro amore.- ... Se moriva prima lei, il suo spirito sarebbe venuto a trovarmi; se morivo prima io il mio spirito sarebbe andato a trovarla; se poi io la tradivo, o lei mi tradiva, il primo che moriva si vendicava, dopo morto. Dunque andr˜ io a trovarla e, se vorr˜, potr˜ vendicarmi; ma dove la trover˜, chissˆ?- A Milano - disse l'altro con ironia. - Ma giacchŽ sarai in giro passerai anche da queste parti, eh?- Pu˜ darsi! - rispose Francesco. Sollevando gli occhi vide Speranza che lo guardava spaurita; anch'egli la guard˜ e disse: - S“, passer˜ di qui, e se Disperazione farˆ la cattiva la porter˜ via...Circa sei mesi dopo giunse da Milano una lettera di Ottavio Magrini, diretta alla moglie ed ai fratelli, ov'egli raccontava di aver riveduto ancora, in un caff-concerto, l'Eva accompagnata da un signore.ÇIo sedevo davanti ad un tavolino vicino alla porta; ella venne dopo di me, ed io la vidi levarsi la mantella, e subito mi accorsi, sbalordito, che aveva il fermaglio (quello col rubino), che l'anno scorso manc˜ dal cassetto della nonna. Mi ricordai allora di aver sentito dire dalla nonna come in quei giorni l'Eva, che era venuta per qualche giorno in paese, fosse stata a casa nostra. Dalla rabbia che mi venne, al pensare che fosse stata lei a rubare il fermaglio ed a causare tutti i litigi avvenuti fra noi dopo quel fatto, dalla rabbia, dico, non ci vidi pi. Mi alzai e mi misi a sedere vicino vicino all'Eva ed al suo compagno, un signore grasso, tutto pelato, con gli occhi sulle tempia. Appena mi vide, Eva divent˜ prima rossa, poi pallida, e finse di non scorgermi; poi, accorgendosi forse che io stavo l“ l“ per aprir bocca e fare uno scandalo, si curv˜ verso il compagno e gli disse qualche cosa.Entrambi si alzarono e se ne andarono; ed io dietro di loro. Giunti nella strada io mi avvicino all'Eva e le dico:- Scusate, non mi riconoscete pi? Permettete una parola. Eva finge di vedermi soltanto allora.- Oh, Magrini, come state? Siete qui a Milano?- Certamente, - rispondo io, - se sono qui! Permettete una parola. Eva guarda l'amico, l'amico converge gli occhi, ritirandoli verso il naso il pi che pu˜, e poi si allontana di qualche passo.Allora io dico all'Eva:- Senti, cara, chi ti ha dato il fermaglio che tieni sul petto?- Chi me lo ha dato? Oh, bella, l'ho comprato!- Senti, cara, smettiamola, - dico io, - quel fermaglio mio; tu l'hai preso da casa mia.Allora lei mi fa una scena... ma una scena! Comincia a dirmi che mi darˆ querela per calunnia, ecc., ecc.- Senti, cara, - dico io allora, - non arrabbiarti cos“. PoichŽ non vuoi che ci aggiustiamo alla meglio, ti dar˜ querela anch'io, e vedremo...Eva diventa una furia; chiama il signore che l'accompagna, e costui si avanza, pianino, pianino, con prudenza, anzi, m' parso, con un certo timore: ella comincia a raccontargli la storia, e finisce col dire:- Voi ricordate che vi ho sempre detto come questo fermaglio mi venne regalato dal mio fidanzato, da Francesco Peretti, che ora morto, poveretto... Voi mi sarete testimone.Io domando:- Quando te lo regal˜?- Eh, quando eravamo fidanzati...- Ah, benissimo! Ma se il fermaglio mancato di casa mia sei mesi fa... quando cio tu non eri e non potevi pi essere fidanzata col povero Francesco? Del resto egli era incapace di una bassa azione, ed ora tu lo calunn” perchŽ morto? Eva continu˜ a strillare; si avvicin˜ molta gente, e due guardie pregarono me e l'Eva di recarci in questura per definire la nostra questioneÈ.Qui Ottavio Magrini descriveva la scena avvenuta in questura, e concludeva col dire che aveva querelato l'Eva per furto qualificato, per ingiurie, ecc. Ora non restava che cercar le prove della visita della ragazza alla vecchia Magrini, e del come Francesco, del resto superiore ad ogni sospetto, non facesse pi l'amore con l'Eva da circa un anno.Le prove furono trovate, ed Eva fu condannata. Una sola personcina avrebbe potuto salvarla: Disperazione; ma Disperazione era troppo occupata nei suoi giri e nei suoi piccoli affari, per potersi ingerire degli affari di famiglia. Soltanto rispose s“ alle domande che gli zii le rivolsero.Eva era stata a visitare la nonna? S“. S'era Eva avvicinata allo specchio? S“. Aveva guardato dentro il cassetto? S“.Dell'avventura notturna non disse parola; le pareva che gli zii avrebbero capito ci˜ che ella era andata a fare, quella notte, fra i cespugli della riva.D'altronde ella non capiva bene di che si trattasse, e credeva che Eva avesse realmente rubato il fermaglio, come tutti affermavano. Inoltre non osava mai nominare Francesco, perchŽ aveva paura del suo spirito.Solo pi tardi ella cap“ ogni cosa, e sent“ la responsabilitˆ del suo incosciente procedere.Ma era tardi; Eva aveva giˆ scontato la condanna, e Speranza giudic˜ inutile parlare.Ella aveva allora sedici anni e faceva l'amore con un bel moliner [15] biondo, roseo, incipriato di farina, col quale aveva voluto scambiare anche lei la promessa dell'apparizione degli spiriti. Avrebbe voluto anche scambiare la minaccia della vendetta postuma, in caso di tradimento; ma ricordava il fatto di Eva e di Francesco e aveva paura.Le pareva che la condanna di Eva fosse stata la vendetta di Francesco: e con ci˜ scacciava anche i suoi tardivi scrupoli di coscienza. Note:[12] Colui che tiene il porto, cio che fa passare i viandanti da una riva all'altra del fiume.[13] Strada in salita.[14] Palanca, soldo.[15] Mugnaio.